«Oggi
ricomincio la corsa idiota. Mi alzo alle cinque di mattina, mi lavo,
mi faccio la barba, mi preparo un caffè e vado, corro fino alla
piazza Principale, salgo sul bus, chiudo gli occhi, e tutto l'orrore
della mia vita presente mi salta al collo».
Tobias
Horvath è un emigrato, ogni suo giorno scorre nella quotidiana
lentezza dell'abitudine e della ripetizione di gesti vuoti. Nato «in
un villaggio senza nome, in un paese senza importanza», ha trascorso
l'infanzia nella miseria, all'ombra di una madre che era la ladra, la
mendicante, la puttana del paese. Quando, tra i molti uomini che
vedeva entrare e uscire di casa, ha scoperto chi era suo padre,
Tobias ha preso un lungo coltello e gliel'ha affondato nella schiena,
spingendo con tutte le sue forze per uccidere anche la madre, stesa
sotto di lui. Il suo presente è il tempo che segue la fuga, senza
sapere cosa si è lasciato alle spalle: non gli resta che rifugiarsi
nella scrittura e nell'attesa di Line, una donna immaginaria. Il
giorno in cui Line arriva sarà come il materializzarsi di un
ricordo. Così domani non sarà che un tempo incerto, sfocato, il
tempo dei sopravvissuti. E ieri è tutto quello che rimane.