Monday, February 7, 2022

Leggondo "Denaro falso" di Tolstoj #4

Qui di seguito trovate i miei appunti di lettura, quindi anche spoiler u_u

Lista dei personaggi in ordine di apparizione:

Ivan Mironov: contadino.

Vasìlij: portiere nel palazzo dove sta il negozio di fotografia.

Gheràsim: ragazzo fatto ladro di cavalli da Ivàn Mirònov.

Stjepàn Pelaghèjuskin: contadino dalla vita tragica, come quasi ogni personaggio di questo libro.

Màrja Semjònovna: donna sulla cinquantina che porta il peso di un'intera famiglia di ingrati.

Riassunto: capitoli 1-4, capitoli 5-8, capitoli 9-12, capitoli 13-16, capitoli 17-20, capitoli 21-2 (parte seconda), capitoli 3-6 (parte seconda), capitoli 7-12 (parte seconda), capitoli 13-20 (parteseconda)).

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In questo capitolo ritroviamo il caro Vasìlij 😒 Dopo un periodo passato a fare il mendicante, trova lavoro come guardiano di un frutteto. La sua vita ritorna a essere bella: 

Sdraiato tutto il giorno sulla paglia fresca e odorosa, accanto a mucchi di mele d’estate e d’inverno che odoravano ancor più della paglia, fischiava e cantava, guardando che i ragazzi non venissero a pigliar le mele. E di cantare canzoni Vasìlij era maestro. E aveva una bella voce. Venivano dal villaggio delle donne e delle ragazze per le mele. Vasìlij scherzava con loro, a quelle che gli piacevano dava più o meno mele in cambio di uova o di copeche – e di nuovo si sdraiava, e si moveva soltanto per far colazione, desinare e cena. 

Vasìlij è bravo nel suo lavoro, ma non perde il vizio del rubare. Il suo alloggio non dista molto dalla casa del padrone e vede così la vita dei ricchi e ne rimane sempre più affascinatom tanto che inizia a pensare a un modo su come mettere le mani su tanti soldi. 


Con la vendita dell'ultima raccolta il padrone ha fatto un buon gadagno e da a tutti una ricompensa.  Vasìlij e gli altri vanno coi soldi in città a spassarsela. Verso notte Vasìlij svaligia una bottega dove un tempo aveva lavorato senza ricevere un soldo.

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Intanto Ivàn Mirònov è diventato un ladro di cavalli temutissimo in tutto il villaggio. L'ultimo colpo l'ha fatto un suo "alunno", Gheràsim, rubando a caso dei cavalli al contadino Kolotòvka. I cavalli vengono nascosti nella foresta e di guardia sta Gheràsim, ma un soldato scopre il nascondiglio e lo arresta. Gheràsim confessa tutto, di come Ivàn Mirònov l’aveva fatto bere e l’aveva istigato e come aveva promesso di venire in giornata a prendere i cavalli nella foresta. 

Il soldato con l'aiuto dei contadini tende un tranello al Mirònov lasciando Gheràsim e i cavalli dove li hanno trovati. Mirònov arriva verso sera, proprio come da piano, e viene assalito e condotto in paese dove viene interrogato dai contadini.

Stjepàn Pelaghèjuskin, un contadino alto, un po’ curvo, dalle lunghe mani, con un naso aquilino e un’espressione cupa nel viso, cominciò per primo a interrogarlo. Stjepàn era un contadino senza famiglia, che aveva fatto il suo servizio militare. Appena s’era separato dal padre e cominciava a stabilirsi per conto suo, gli avevano rubato il cavallo. Dopo aver lavorato due anni nelle miniere, Stjepàn era riuscito a comprarsi altri due cavalli. Glieli avevano portati via tutti e due.

Nonostante le botte che Mirònov incassa da parte di tutti, non proferisce parola. Il capitolo finisce con Mirónov che viene colpito con una pietra alla testa da Pelaghèjuskin °A°

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Ivàn Mirònov è morto e i suoi assassini vengono giudicati. L'accusa più grave va a Stjepàn Pelaghèjuskin, che con la sassata ha dato il colpo di grazia al Mirònov. Gli altri accusati si dicono innocenti.

– E che si poteva fare con un uomo simile? Ci ha rovinati. 

– Perché gli altri non lo battevano e voi sì? – disse il pubblico accusatore. 

– Non è vero: tutti lo battevano, tutta la comunità aveva deciso di ucciderlo. Io soltanto l’ho finito. Perché tormentarlo inutilmente? 

Il giudice è scosso non solo dall'uccisione ma anche dalla tranquillità con la quale Stjepàn racconta l'accaduto. Stjepàn non ci vede nulla di terribile in quel che ha fatto e si becca un anno di carcere.

Stjepàn non aveva mai avuto rispetto per l’autorità, ma ora era pienamente convinto che tutte le autorità, tutti i signori, tutti, eccetto lo zar che solo aveva pietà del popolo ed era giusto, tutti erano briganti che succhiavano il sangue del popolo.

Mentre Stjepán si trova in carcere, sua moglie e i bambini cadono nella miseria e finiscono a vivere di elemosina per strada. Quando Stjepán lo viene a sapere, è distrutto e al limite dell'esasperazione e diventa aggressivo con tutti. Un giorno quasi uccide il cuoco in un attacco di rabbia. A causa di questo colpo di testa gli prolungano la pena di un ulteriore anno. La moglie intanto muore.

Una volta scontata la pena Stjepàn, non avendo un posto dove andare, si reca da un locandiere di sua conoscenza per passare lì qualche notte. Durante la prima notte Stjepàn uccide sia il locandiere che la moglie, poi svuota la cassa e se ne va.

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Nuovi personaggi, nuova fortuna! In una casina isolata vive un pensionato con le due figlie, il nipotino e il genero. La figlia maritata beve e fa una vitaccia. La maggiore, invece, Màrja Semjònovna, vedova, sui 50 anni, mantiene tutti da sola, poiché è anche l'unica che lavora. In questa famiglia gli unici astemi sono la Màrja e il figlio della sorella. Ovviamente Màrja essendo l'unica con la testa sulle spalle, si prende cura di tutti: fa le faccende, cucina, si prende cura del bambino e del padre debole. Tutti però sono ingiusti con lei e l'inguiriano dicendo addirittura che non fa abbastanza. Il cognato addiririttura la mena. Màrja però sopporta tutti e tutto in silenzio e con mansuetudine, trova anche tempo per aiutare gli altri privandosi lei.

Un giorno arriva a casa loro il sarto per fare alcuni lavori e nota la difficile vita di Màrja. Durante una piccola pausa le chiede dove trova la forza di sopportare tutto ciò. Lei in risposta gli legge il sermone sulla montagna nel Vangelo.

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