Wednesday, March 8, 2023

Denaro Falso di Tolstoj #7

Lista dei personaggi in ordine di apparizione:

Stjepàn Pelaghèjuskin: dopo un passato turbolento da serial killer, ha messo la testa a posto. È ancora in prigione, ma è felice perché finalmente in pace con se stesso.

Vasìlij: entra ed esce di prigione per furto. E pensare che avrebbe potuto condurre una vita giusta e inceve è sempre pronto a derubare il prossimo e spendere il tutto in alcohol. Ma presto le cose cambieranno anche per lui e in meglio!

Ivan Cjùjev: contadino benestante; vive secondo la volontà di Dio. Poi un giorno arriva Misaìl a portare zizzania nel paese di Cjùjev. Scoppia una rissa tra coloro che credono nel Dio che ha creato l’uomo (Team Cjùjev) e coloro che credono nel Dio creato dall’uomo (Team Misaìl). Nella rissa Cjùjev ha la meglio, ma viene arrestato per istigazione e sacrilegio e condannato alla deportazione.

Machòrkin: boia; in carcere a vita per omicidio.

Pjotr Nikolàjevič: faceva il despota l’amministratore della proprietà dei Liventsovy finché viene ammazzato dai contadini del posto.

Màchin: ora giudice istruttore, ma un tempo era lo studente di ginnasio che a inizio libro falsifica la cedola.

Riassunto: capitoli 1-4, capitoli 5-8, capitoli 9-12, capitoli 13-16, capitoli 17-20, capitoli 21-2 (parte seconda), capitoli 3-6 (parte seconda), capitoli 7-12 (parte seconda), capitoli 13-20 (parteseconda)).

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Tra i detenuti ce ne sono alcuni di nostra conoscenza 😉 Nella stessa cella di Stjepàn c’è infatti Vasìlij, arrestato di nuovo per furto e condannato alla deportazione, e Cjùjev (arrestato per eresia).

Alla domanda di Stjepàn, perché l’avessero condannato alla deportazione, Cjùjev gli spiegò che l’avevano condannato per la vera fede di Cristo, perché i preti, ingannatori dello spirito, non potevano sopportare coloro che vivevano secondo il Vangelo e li denunziavano.

Cjùjev avvicina così Stjepàn alla lettura del Vangelo.

“Quando poi il figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti i santi angeli con lui, allora siederà sul trono della sua gloria e tutti i popoli si aduneranno davanti a lui; e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra. Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: “Venite, o voi benedetti dal Padre mio, possedete il Regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo: poiché io ebbi fame e voi mi deste da mangiare, io ebbi sete e voi mi deste da bere, ero pellegrino e mi accoglieste, ero nudo e mi vestiste, ero ammalato e mi visitaste, ero in carcere e veniste a me”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore! Quando mai t’abbiamo veduto affamato e ti abbiamo nutrito? o assetato e t’abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo veduto pellegrino e ti abbiamo ospitato, nudo e ti abbiamo vestito? Quando ti abbiamo veduto ammalato o prigioniero e siamo venuti a te?” E il Re risponderà loro: “In verità vi dico: che quanto avete fatto per uno dei più piccoli fra i miei fratelli, tanto avete fatto per me”.

(Matteo XXV, 31-46)

E conducevano a morte con Cristo anche due ladroni. E quando giunsero al luogo destinato al supplizio, crocifissero lui e i due ladroni, uno a destra, l’altro a sinistra. E Gesù disse allora: “Padre, perdona loro poiché non sanno quello che fanno...” E il popolo stava là e guardava. E scherzavano col popolo anche i soprastanti, dicendo: “Ha salvato gli altri, che salvi se stesso, se egli è il Cristo, l’eletto di Dio”. Anche i soldati l’ingiuriavano, e avvicinandosi gli porgevano dell’aceto e dicevano: “Se sei il re dei Giudei, salvati”. E sopra di lui era stata posta una scritta, in greco, in latino e in ebraico: costui è il re dei Giudei. Uno dei due ladroni crocifissi l’insultava anch’egli e diceva: “Se sei il Cristo, salva te e noi”. L’altro invece lo sgridò e disse: “Non temi tu Dio, quando sei condannato allo stesso supplizio? E noi siamo condannati giustamente poiché riceviamo quel che meritiamo coi nostri delitti; ma egli non ha fatto nulla di male”. E disse a Gesù: “Ricordati di me, Signore, quando entrerai nel tuo regno”. E disse a lui Gesù: “In verità ti dico: oggi sarai meco in paradiso.”

(Luca XXIII, 32-43)

Stjepàn capisce che Cristo è misericordioso. Inizia a passare tutto il suo tempo con Cjùjev, interrogandolo e ascoltandolo. E ascoltando, capisce che gli uomini sono fratelli e debbono amarsi e compatirsi l’un l’altro e allora sarà bene per tutti. E così Stjepàn diventa un altro uomo.

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Stjepàn Pelaghèjuskin impara a leggere.

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Stjepàn legge spesso ad alta voce il Vangelo nella camerata e tra gli ascoltatori ce ne sono due di interesse: un ergastolano, assassino, che lavora come boia, Machòrkin, e Vasìlij.

Apprendiamo che non è facile di questi giorni trovare qualcuno disposto a fare il boia e così durante il suo ergastolo, Machòrkin è già stato chiamato in servizio due volte per esercitare le condanne espresse dal tribunale. Ecco che si presenta una terza occasione: I contadini che hanno ucciso Pjotr Nikolàjevic sono stati condannati alla pena di morte mediante impiccagione. La presenza di Machòrkin è richiesta al più presto, ma questi rifiuta (con grande meraviglia del direttore della prigione). Quando gli chiedono il perché, Machòrkin dice che non ha più intenzione di fare il boia e che non c’è una legge che comandi di uccidere.

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Màchin, quello studente di ginnasio che aveva falsificato la cedola, ha finito il ginnasio e anche l’università di Giurisprudenza diventando Giudice istruttore.

Nell’animo è rimasto disonesto, è pieno di debiti, gli piace sedurre le donne ricche per sperperarne i soldi al gioco d’azzardo e purtroppo è anche un uomo molto abile negli affari (coi soldi altrui).

È lui il giudice al quale Stjepàn confessa tutti i suoi omicidi per filo e per segno con quella naturalezza tipica di chi è veramente libero nel cuore e nella mente. Màchin ne rimane stupito, capisce che quell’uomo è interamente libero e moralmente sta a un’altezza incommensurabile al disopra di lui. Viene colpito soprattutto dal modo con cui Stjepàn parla dei suoi misfatti come di cosa passata da molto tempo, compiuta non da lui, ma da qualche altra persona.

— Ma tu non avevi pietà di loro? — domandava Màchin.

— Non ne avevo pietà. Allora non capivo.

— E adesso?

Stjepàn sorrise con tristezza.

— Ora, non lo farei mai, neanche minacciato al rogo.

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